Lavorare “smart” per ripartire: la parola ai beneficiari

Con il termine Smart Working- letteralmente  “lavoro intelligente” - si definisce una cultura manageriale “fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
E’ quindi un modello organizzativo, già diffuso nel Nord Europa, che garantisce autonomia nelle modalità di lavoro a fronte del raggiungimento di risultati e presuppone il ripensamento delle modalità con cui si svolge il lavoro rimuovendo i vincoli e i modelli tradizionali della postazione fisica in azienda inconciliabili con i principi di personalizzazione, flessibilità e virtualità della prestazione.
Che si presta in particolare a favorire una maggior inclusione professionale delle donne tradizionalmente più condizionate dal ruolo famigliare. Specie in fasi difficili come quella che stiamo vivendo. Conciliazione tra vita e lavoro e welfare aziendale sono però solo due aspetti di un processo assai profondo di cambiamento culturale ed organizzativo che richiede alle aziende una roadmap puntuale e una governance fortemente condivisa. Che muove da un’attenta considerazione degli obiettivi aziendali e delle peculiarità culturali, tecnologiche e manageriali dell’organizzazione.
Ed è di questo che abbiamo parlato con 2 delle 26 aziende beneficiarie dell’apposita misura di sostegno del POR Molise promossa per favorire la ripresa produttiva con un Avviso pubblico varato nel mese di aprile scorso che ha agevolato i costi delle attrezzature, della formazione del personale e della consulenza per il rinnovo dei contratti dei lavoratori.
Per Barbara Volpe, CEO  di Prestito 24 Srl di Termoli, che opera nel settore finanziario per i privati “la prima fase del progetto ha riguardato l'analisi del processo organizzativo dell’azienda, finalizzato all'individuazione delle modalità operative, dei ruoli delle diverse figure dell’organigramma e delle figure chiave dei processi, oltre alla distribuzione del personale nelle diverse aree aziendali con particolare attenzione al personale femminile e alle modalità e agli strumenti tecnologici già in uso nell’azienda, il tutto coadiuvato dall'acquisto di strumentazione ad hoc”. Un approccio strategico ed organizzativo dunque, prima che operativo. Non a caso per la d.ssa Volpe "durante il periodo di analisi si è reso necessario approfondire la personale consapevolezza del cambiamento da introdurre: abbandonare la preoccupazione in ordine a ‘cosa stiano facendo i collaboratori’ per passare ad una gestione esclusivamente per obiettivi degli smartworkers; consolidare l’idea del decentramento di responsabilità e di autorità con lo scopo di ottenere la massima partecipazione delle risorse umane al conseguimento dei risultati aziendali. Si tratta di un processo complesso che parte dalla individuazione degli obiettivi strategici aziendali da tradurre poi in obiettivi operativi di settore, i quali andranno declinati in piani di azione ed infine in obiettivi individuali”.
Analogo l’approccio diverso il contesto operativo dell’altra impresa beneficiaria del contributo del Programma che abbiamo ascoltato, la Cooperativa Sociale Piccolo Principe, con sedi a Campobasso e a Limosano (Cb), che si occupa di accogliere minori per i quali il Tribunale per i minorenni dispone il collocamento temporaneo in comunità, non avendo la possibilità di un adeguato sostegno nella propria famiglia.
"Offriamo nuove opportunità di vita ai ragazzi e alle loro famiglie con una nuova casa, una nuova figura affettiva, un nuovo progetto educativo, restituendo loro la dignità, percorrendo insieme a loro una nuova strada per ricominciare un lento e faticoso cammino verso la sufficiente autonomia.  Noi siamo convinti che, in famiglia o fuori dalla propria famiglia, è necessario e doveroso ridare ai bambini fiducia nelle persone e soprattutto nelle proprie infinite risorse". Descrive così, in breve, il progetto lavorativo il rappresentante legale della Cooperativa, il dott. Giuseppe Scarlino. "Applicare questo tipo di lavoro alle regole dello Smart Working non è cosa semplice se si pensa al lavoro degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi", spiega Scarlino, "pianificare un tipo di lavoro da casa senza privare i bambini della nostra presenza non è stato semplice ma neppure impossibile". “La maggior parte dei collaboratori è rappresentata da donne, circa il 90%", continua, "pochi gli amministrativi ed i progettisti ma per loro le regole dello Smart Working sono state più facilmente applicabili. Per quanto riguarda le altre figure, il cui lavoro necessita della presenza fisica e contestuale, il lavoro da casa si è svolto sopratutto nella fase di progettazione e redazione dei progetti e dei report delle attività. Permettere ad uno psicologo o ad un assistente sociale di scrivere e relazionare in tranquillità da casa propria ha permesso di accrescere il livello qualitativo del lavoro da svolgere”.

A circa 4 mesi dall'inizio dell’emergenza le prime analisi condotte a livello nazionale sembrano confermare che la produttività individuale di coloro che hanno lavorato mediante smartworking sia aumentata sensibilmente, tanto nelle organizzazioni pubbliche quanto in quelle private. E la possibilità che questa modalità di lavoro venga adottata permanentemente anche per il futuro, a prescindere dal momento storico e dall'emergenza che stiamo vivendo, sembra ormai concreta per molte imprese del nostro Paese ed anche per quelle che, grazie al sostegno del POR, ne hanno consolidato l’uso nella nostra regione.
È necessario in tal senso che venga ripensata la misurazione della qualità del lavoro in termini di obiettivi e non più di tempo trascorso in ufficio. L’introduzione della legge 22 maggio 2017 n. 81 va in questa direzione ma è necessario che, alla base, ci sia anche un importante cambiamento a livello culturale. Come quello che abbiamo toccato con mano ascoltando queste testimonianze.

 

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