Fake news I consigli dell'Ordine dei giornalisti e la lotta UE alla disinformazione

La disinformazione (dolosa) e la diffusione di notizie false (generalmente colposa) sono divenuti un argomento centrale nel dibattito sui mass media ed un rischio che corriamo tutti quotidianamente, da quando abbiamo iniziato a comunicare attraverso gli strumenti digitali, trasformandoci quasi all’improvviso da consumatori a “produttori” di notizie.
E’ il fenomeno delle cd. fake news (notizie false), che noi italiani chiamiamo in modo più pittoresco bufale, cioè articoli o contenuti dicomunicazione (come un post sui social network) costruiti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte e resi pubblici con il deliberato intento di disinformare o di creare scandalo attraverso i mezzi di informazione. Che però contribuiamo inconsapevolmente a diffondere grazie ai social network.
Un rischio di delegittimazione dell’informazione altissimo, particolarmente grave in ambito medico-scientifico, soprattutto in questo periodo in cui siamo tutti alla ricerca di consigli su come difenderci dal virus, se si pensa che l'82% degli italiani non è in grado di riconoscere una notizia bufala sul web (fonte: rapporto “Infosfera" 2018 dell’Università Suor Orsola Benincasa).

L’Ordine dei Giornalisti si è da subito reso pronto a collaborare nella lotta alle notizie false veicolate in rete. "A molti di noi vengono chieste spesso conferme sulla fondatezza dinotizie che vengono fatte circolare sui social", afferma Carlo Verna Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. "Una piaga che esiste da tempo" continua "tanto da averci fatto sostenere di essere i medici delle fake news".
E' dovere dei giornalisti essere sempre in prima linea nel verificare le fonti e raccontare la verità sostanziale dei fatti. Nonè possibile tollerare manipolazioni e falsificazioni di
informazioni fondamentali, soprattutto in una fase di emergenza epocale come questa.
Anche dalla presidenza del Consiglio dei Ministri è stata attivata una task force che sin da subito ha assunto metodi per il contrasto che vanno dall’analisi delle modalità e delle fonti che
generano e diffondono le fake news, al coinvolgimento di cittadini ed utenti social per rafforzare la rete di individuazione, al lavoro di sensibilizzazione attraverso campagne di
comunicazione.
In definitiva, è molto complicato riconoscere questo tipo di notizie. Esiste una sola regola “aurea” per evitare di imbattersi in false affermazioni, pericolose per la salute e cioè fare sempre riferimento a fonti istituzionali ufficiali e certificate, segnalando alle Autorità competenti una notizia che si ha il dubbio fornisca false informazioni.

La Commissione UE contro la disinformazione sanitaria

Dal canto suo, la Commissione europea contribuisce alla lotta alla disinformazione sul tema dell’epidemia da Covid-19 collaborando da vicino con le più importanti piattaforme online incoraggiandole a promuovere le fonti autorevoli, a declassare i contenuti che risultino falsi o fuorvianti e a rimuovere quelli illegali o che potrebbero provocare pericoli o danni alla salute dei cittadini europei.
Tutte le grandi piattaforme hanno adottato misure in tal senso rimuovendo ad esempio le notizie sulle teorie complottiste circa l'origine del virus o la sua presunta diffusione intenzionale. La Vicepresidente della Commissione Věra Jourová ha incontrato Google, Facebook, Twitter, Microsoft e altri per discutere le misure adottate e le azioni future.
Finora oltre 300 narrazioni di disinformazione sul coronavirus sono state denunciate, pubblicate e aggiornate sul sito www.EUvsDisinfo.eu.
Il 30 marzo la Commissione ha lanciato una pagina web sulla lotta alla disinformazione collegata al coronavirus, che fornisce materiale per sfatare i miti e verificare i fatti (come il presunto legame tra epidemia e 5G, oppure l’uso strumentale a fini di vaccinazione di massa.
La Commissione e il servizio europeo per l'azione esterna collaborano da vicino nella lotta alle fake news sull’epidemia con altre istituzioni dell'UE e con gli Stati membri, anche attraverso il sistema di allarme rapido istituito nel marzo 2019, nonché con i partner internazionali del G7 e della NATO.

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